Tecnologia nemica del lavoro. E’ questa la convinzione espressa da 4 italiani su 10 nel primo rapporto presentato oggi da Agi-Censis “Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale” in occasione dell’Internet Day che si sta tenendo a Roma per celebrare il 30 aprile 1986: cioé la data nella quale l’Italia si è collegata per la prima volta a internet dal Centro universitario per il calcolo elettronico di Pisa.
Secondo il campione di intervistati l’automazione che la tecnologia sta applicando nei processi produttivi toglierà più posti di lavoro di quanti ne creerà. Solo il 33,5% degli italiani consultati ritiene che le opportunità aumenteranno in uno scenario di nuovi lavori ancora per gran parte inesplorato. Completano il quadro coloro (il 28,5% del totale) che ritengono che i posti di lavoro nel complesso non varieranno in termini numerici.
E se gli italiani da un lato denunciano il ritardo del Paese nell’innovazione, dall’altro sono fortemente preoccupati sulle negative ricadute occupazionali che potranno derivare dalla rivoluzione digitale, applicata ai processi produttivi.
L’innovazione sembra spaventare in particolare i più deboli: i profili sociali che percepiscono maggiori rischi dal digitale sono in particolare coloro che vivono in famiglie di basso livello socio-economico (66,7%, due su tre) o che sono privi di titoli di studio superiori (59,2%, tre su cinque), sono infatti convinti che i processi innovativi finiranno per ampliare la forbice tra i ceti sociali.
Ed ecco spiegata la ragione per la quale, sempre secondo lo studio di Censis-Agi, il 42,1% degli italiani pensa che l’automazione e la robotica nei processi produttivi deve essere in qualche modo non solo regolata ma anche tassata in modo da compensare la riduzione del gettito fiscale complessivo.
Insomma Bill Gates docet.
Per quanto riguarda il ritardo nel processo di innovazione del Paese la maggioranza degli italiani coinvolti nell’indagine, per esattezza il 44,6%, crede che il Paese non stia riuscendo a tenere il passo dei paesi più avanzati in tema di innovazione. Meno pessimisticamente, il 29,6% del campione è convinto che l’Italia stia cambiando, ma solo al traino di quanto avviene all’estero. Solo il 9,8% degli italiani ritiene che il gap tecnologico accumulato in passato si sia ridotto negli ultimi anni. Per contro, un 15,3% afferma in modo convinto che l’Italia sia sprofondando tra i paesi più arretrati d’Europa.