La crisi di Ferragosto, i siluri di Bruxelles e il colpo di reni di Renzi


È davvero difficile capire cosa sia accaduto nella politica italiana lo scorso Ferragosto. Nessuno si aspettava una crisi di governo in piena estate. O meglio: qualcuno immaginava che, prima o poi, sarebbe stato il M5S a staccare la spina, preso atto della sconfitta alle elezioni europee e poi sulla Tav; forse Di Maio avrebbe provocato la crisi per arginare i mal di pancia interni al suo partito, ma sembrava impossibile che lo facesse proprio Salvini, in piena crescita di consenso.  Ma nel Belpaese l’inverosimile diventa realtà: ecco quindi il ministro degli Interni e leader della Lega, dopo una scorpacciata di comizi nelle più affollate spiagge d’Italia, decide di chiudere l’esperienza del Governo giallo-verde.

Molte reazioni sono improntate all’umorismo: durante la discussione della fiducia al Conte-bis, il deputato grillino D’Uva si è lanciato in una battuta sguaiata rivolgendosi ai banchi della Lega: Dovrete spiegare per quale mojito avete aperto la crisi a Ferragosto, ammiccando alle imprese dell’allora vice-premier tra danze e cocktail sulla riviera romagnola. Ma sarebbe superficiale affidarsi alla facile ironia per spiegare quello che sembra un errore di valutazione di Salvini. Certe vette percentuali di consenso (anche se dopate dalla bassa affluenza) non si raggiungono se non si è un politico dal fiuto notevole e coi piedi ben poggiati a terra.

E allora allarghiamo lo sguardo per cercare altri indizi sull’apparente autogol di Salvini. È interessante guardare ai continui rilievi, anzi definiamoli pure siluri da attacco, che l’Europa aveva mosso all’Italia tra luglio e agosto. Era evidente che l’UE non avrebbe fatto sconti nel momento in cui avrebbe giudicato la manovra che il nostro Paese presenterà entro pochi mesi. Salvini capiva bene che la Flat Tax si sarebbe fermata di fronte al muro eretto da Bruxelles. Lo stesso Di Maio, che aveva parlato di una riduzione percentuale delle aliquote fiscali, a forza di incontri con Tria e Conte aveva infine sventolato bandiera bianca anche sulla sua versione morbida della riforma fiscale. Le coperture non si sarebbero trovate, in particolare visto che mancavano ancora oltre 10 miliardi per evitare l’aumento dell’IVA; inoltre il M5S non voleva sentir parlare di condono, mascherato sotto il nome di “pace fiscale”.

Salvini sapeva che su questo punto avrebbe dovuto rendere conto agli italiani e aveva ben presente che il M5S, dopo aver subito l’okay alla Tav e l’approvazione del decreto sicurezza bis, gli avrebbe reso la strada impervia nel cammino verso la riforma del sistema fiscale. Probabilmente, temendo di non poter dare ai suoi elettori quanto promesso, Salvini ha deciso di scrviere la parola “fine” prima del previsto.

A quelli che credono invece che abbia compiuto il passo dopo essersi ubriacato di eccesso di fiducia nei propri mezzi, consigliamo di valutare cosa dicono certe fonti raccolte di recente, sufficientemente autorevoli e provenienti da entrambi gli schieramenti. Il leader della Lega avrebbe anzitutto verificato che il segretario del PD, Zingaretti, avrebbe dato il via libera alle elezioni. Il discorso tra i due sembra essersi addirittura spinto sulle possibili resistenze del presidente Mattarella nello sciogliere le Camere: Zingaretti avrebbe dato garanzie di aderire a un governo di scopo con tutto il centrodestra per traghettare l’Italia fino alle elezioni. Ma a rompere le uova nel paniere è intervenuto Renzi, il quale, subodorando quell’accordo, ha fatto di tutto per realizzare un inciucio col M5S.

Fonti romane dicono inoltre che il Matteo fiorentino era pronto ad annunciare durante la kermesse della Leopolda l’addio al PD e la fondazione di un nuovo soggetto politico centrista: ma l’accelerazione di Salvini gli fece cambiare idea.
Se rileggiamo le dichiarazioni di Zingaretti prima della crisi, vediamo benissimo che era fortemene contrario all’alleanza col M5S. E invece ancora una volta Renzi ha sparigliato i giochi, e lo ha fatto pur capendo che questo Governo giallo-rosso o giallo-fucsia non avrà vita lunga, perchè include parlamentari che fino a ieri si insultavano dal mattino alla sera. Però occorreva tentare lo stesso, perché il ghiotto obiettivo è spartirsi le quasi 500 nomine che da qui a qualche mese saranno assegnate dal Governo; molte di queste andranno ai suoi uomini, perché gode ancora di una folta rappresentanza all’interno del Parlamento, e in particolare al Senato, dove la maggioranza sarà risicata. Ottenute posizioni chiave nei posti di sottogoverno e approvata una Finanziaria che scongiuri l’aumento dell’IVA, Renzi aspetta il prossimo anno per avere l’occasione di mettere lui stesso fine al Conte-bis: spera in questo modo di rottamare in un colpo solo PD e M5S, mettendo anche in forte imbarazzo Salvini.

Pare uno scenario perfetto, ma di mezzo ci sono gli italiani, che come dimostra la bocciatura del referendum costituzionale di Renzi, non sembrano più tanto propensi a farsi prendere in giro come una volta, non sono più succubi dei vecchi schemi o della propaganda facilona.

di Marco Fontana – Pubblicato da Inforos.ru