Amleto oggi reciterebbe: “Ripresa o non ripresa? Questo è il problema”. Ed è normale visto che ogni giorno siamo bombardati da decine di dati micro e macro economici sparati in monitoraggi internazionali o nazionali, bilanci di mandato, valutazioni da parte delle Agenzie di Rating. E ognuno di questi studi da risultati diversi, più o meno favorevoli al governo. È quindi normale domandarsi se l’Italia stia andando bene o invece sia ferma al palo.
I dati comunicati oggi dall’Istat ci raccontano un Paese in affanno e asfittico nonostante in tutta l’Europa ribolla la crescita economica. Qualcuno definisce quella italiana come ripresina, personalmente la definisco stagnazione a rimorchio. Perché se l’Italia cresce meno di tutti gli altri stati Ue, pure meno della Grecia, del Portogallo e della Romania vuol dire che quel minimo di aumento di Pil è legato esclusivamente al nostro export; cioè alla crescita e al portafoglio altrui.
Nel quarto trimestre dell’anno, infatti, la crescita del Pil è stata dello 0,2 per cento, in lieve rallentamento rispetto al +0,3% dei tre mesi precedenti e con un aumento tendenziale rispetto al quarto trimestre del 2015 dell’1%, rivisto al ribasso rispetto al +1,1% stimato poco più di due settimane fa. Ancora una volta quindi un dato peggiore rispetto alle previsioni del Governo.
Il dato più positivo sta forse nella crescita annuale ‘corretta’, quella che tiene cioè conto dell’effetto sull’economia del numero di giorni lavorativi. Il Pil 2016 è aumentato in questo caso dell’1% (contro il +0,9% grezzo comunicato solo due giorni fa). Per il Tesoro si tratta di un buon risultato, che non soddisfa ancora in pieno ma che, fanno notare da Via XX Settembre, raggiunge comunque finalmente la cifra tonda.

Il problema è che, nonostante il segno più dell’ultimo biennio, secondo le rilevazioni dell’Istat, il livello del Pil italiano è stato nel 2016 “ancora inferiore di oltre il 7% rispetto al picco di inizio 2008”, prima cioè dell’inizio della grande crisi.
Questi dati ci raccontano di una Italia dove é come se si fossero persi 16 anni, caso unico tra i big europei. Lo stesso Istat segnala infatti che rispetto agli anni precrisi in Spagna il recupero è ormai quasi completo, mentre in Francia e Germania, Paesi che già nel 2011 erano tornati ai livelli pre-2008, i progressi sono rispettivamente di oltre il 4% e di quasi l’8%. Si tratta del fallimento totale di Renzi e del centrosinistra.
A pesare sull’andamento dell’ultimo trimestre del 2016 è stata la frenata dell’agricoltura. Il valore aggiunto del settore è crollato del 3,7%, a causa secondo la Coldiretti della deflazione nei campi, contro la variazione nulla nei servizi e il buon andamento dell’industria (+0,8%).
A vedere il bicchiere mezzo pieno è invece Matteo Renzi:
“Abbiamo preso un Paese che stava al -2% – rivendica l’ex premier – e lo lasciamo col segno più davanti, finalmente. Naturalmente – ammette anche lui – c’è ancora molto da fare”.
Ancora una volta l’ex premier fugge purtroppo la realtà seguendo il copione che gli hanno scritto i suoi comunicatori. A preoccupare è proprio questa tendenza di Renzi ad astrarsi dalla realtá evitando di fare autocritica.