Jeffrey Sachs, fondatore dell’Earth Institute della Columbia University e dello United Nations Sustainable Development Network (due tra i più noti centri di ricerca sullo sviluppo sostenibile nel mondo) ha affermato che gli Stati Uniti, così come l’Europa, “si trovano ad un punto di svolta” per le politiche economiche Green.
Sachs ha ricordato che “persino i 10 milioni di americani che vivono di oil & gas si stanno rendendo conto che questo business è in declino, per il calo della domanda da parte di clienti attenti all’impronta ecologica e per la calante competitività rispetto alle fonti rinnovabili” tanto che durante l’amministrazione Trump, nonostante le ingenti politiche di sostegno messe in campo, questi lavoratori hanno perso 30mila posizioni retribuite, mentre l’indice S&P Oil & Gas è sceso del 51,5% nell’ultimo anno. Al contrario del Clean energy, in aumento del 50,7%. Il virus però pare aver cambiato le priorità della politica e quindi è da valutare se questa svolta ecologica verrà confermati. L’UE ad esempio aveva promesso un grande sostegno finanziario per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, prevedendo di movimentare addirittura 1000miliardi di euro. Questo programma però era stato studiato prima della pandemia Covid-19, prima del Recovery Fund, insomma in una “era geologica” fa; in un mondo che non esiste più. La Rivista di geopolitica StrumentiPolitici.it ha deciso quindi di intervistare il professor Luigini Bruni, economista e storico del pensiero economico, per comprendere quale futuro può ancora ritagliarsi l’economia Green in Europa.
Per leggere l’intervista clicca qui su StrumentiPolitici.it