Il presidente dell’Ecuador, Lenín Moreno, in una intervista rilasciata al quotidiano britannico The Guardian, ha spiegato le ragioni che hanno portato la sua ambasciata a Londra ad espellere il giornalista e programmatore informatico australiano Julian Paul Assange:
“Ogni tentativo di destabilizzare è un atto riprovevole per l’Ecuador, perché siamo una nazione sovrana e rispettosa della politica di ogni Paese. dall’ambasciata e con il permesso delle autorità del precedente governo sOno stati forniti strumenti per interferire nei processi democratici di altri Paesi. Non possiamo permettere che la nostra casa, la casa che ha aperto ad assange le sue porte, diventi un centro di spionaggio. Queste attività violano le condizioni di asilo. La nostra decisione non è arbitraRIA, ma si basa sul diritto internazionale. Julian Assange non sarà estradato in un Paese in cui rischia la pena di morte”.
Questa giustificazione appare surreale e debole per una serie di contraddizioni. In primis proprio l’elezione di Moreno è stata molto discussa in patria. Molti sostenitori di Lasso hanno infatti accusato di frodi il Cne (Comitato elettorale) arrivando addirittura ad ipotizzare che siano stati introdotti 10.000 voti fasulli a favore di Alianza Pais e dello stesso Moreno in una elezione che si è giocata all’ultimo voto finendo con un 50% contro un 49%.
Ma poi vi è lo stretto legame con gli Stati Uniti. Sarà un caso che a febbraio di quest’anno l’ambasciatore Usa in Ecuador, Todd Chapman, dichiarasse:
“Siamo in un momento favorevole per far avanzare l’Ecuador sotto molti aspetti politici, economici e militari. Il paese è pronto a progredire”.
E’ evidente che gli americani siano i primi che vorrebbero poter ottenere l’estradizione di Assange per approfondire l’accusa di divulgazione di informazioni confidenziali. Peccato che proprio per quelle informazioni Assange sia stato tra i giornalisti più premiati al mondo e che l’arresto sia in palese contrasto con il diritto all’informazione, un diritto tutelato in tutte le democrazie occidentali. Almeno a parole fino a questo arresto.
La dichiarazione di Moreno non regge neppure sul fronte delle rassicurazioni per le quali l’accordo con le autorità britanniche non lo estraderanno e non sono un Paese che pratica la tortura.
Come riportato dal sito di Amnesty infatti:
Le accuse di crimini di guerra commessi dalle forze armate del Regno Unito in Iraq, tra il 2003 e il 2008, sono rimaste al vaglio preliminare della procura della Corte penale internazionale. Il 3 dicembre, la procura ha dichiarato che c’erano ragionevoli basi per ritenere che i membri delle forze armate del Regno Unito avessero commesso crimini di guerra che rientravano nella giurisdizione della Corte, contro persone sotto la loro custodia. Era in corso una valutazione di ammissibilità.
E’ palese che la pratica della tortura non sia esclusa quindi in Inghilterra e quindi Moreno non può garantire l’incolumità di Assange. E’ incredibile che questa situazione venga tollerata dall’Onu che spesso fa la voce grossa sventolando la carta dei diritti fondamentali e che invece in queste ore palesa solo un assordante silenzio.