Sviluppare un embrione artificiale fuori dall’utero? Ora si può.

Da anni la scienza tentava di far sviluppare un embrione in laboratorio. Gli esperimenti però erano sempre falliti, almeno fino ad oggi quando gli scienziati che stanno lavorando al progetto, tra i quali Magdalena Zernicka-Goetz, pare abbiano abbandonato le cellule staminali – destinate a formare l’organismo – per utilizzare invece quelle del tessuto che si occupa del loro sostentamento. Si tratta del cosiddetto trofoblasto cioé quello strato monocellulare superficiale dal quale ha origine la placenta.
L’esperimento dell’embrione artificiale permetterebbe, in linea di massima, lo sviluppo di un individuo fuori dall’utero, anche se ad oggi la scienza considera questa soluzione solo una possibilità teorica; peraltro applicabile solo in alcuni settori, come ad esempio la zootecnia.
Il direttore del Laboratorio di Biologia dello sviluppo dell’università di Pavia, Carlo Alberto Redi ha affermato:
“E’ un risultato molto importante che, per la prima volta, indica che in linea teorica è possibile che un embrione possa svilupparsi fuori dall’utero”.
Nonostante l’embrione artificiale sia simile a un embrione naturale, per i ricercatori è improbabile che possa svilupparsi per dare origine a un feto sano. Perchè questo possa avvenire bisogna utilizzare anche le cellule staminali che permettono la formazione del sacco vitellino, la cui rete di vasi sanguigni è indispensabile per nutrire l’embrione.
Per ora il primo embrione artificiale é di topo e si è formato a partire da cellule staminali che si sono unite dando origine a una struttura tridimensionale, molto simile a un embrione naturale. L’embrione aiuterà a comprendere l’origine di molte malattie legate alle fasi iniziali dello sviluppo e a ridurre i test condotti sugli animali. Magdalena Zernicka-Goetz però da anni pare occuparsi di problemi legati alla maternità.