Le sentenze non si dovrebbero commentare, si dovrebbero solo eseguite. Ma quando registri una sospensione della pena per un medico che avrebbe, con la sua condotta colposa, portato alla morte di una sua paziente e rischiato di mandarne al creatore altre due, diventa complicato tacere. Se a questo si aggiunge che una azienda può tranquillamente patteggiare una pena di due anni di reclusione dopo aver messo in commercio un prodotto con etichetta errata, di fatto vendendo un veleno e non un farmaco, al diritto di critica non si può che aggiungere anche lo sdegno.
Stiamo parlando della condanna in primo grado comminata ad un medico di Barletta, il gastroenterologo Ruggiero Spinazzola, che nel marzo del 2012, nel suo studio medico somministrò nitrito di sodio invece del sorbitolo a tre pazienti che si stavano sottoponendo ad un test per le intolleranze alimentari.
La 29enne Teresa Sunna di Trani, morì, le altre due furono salvate solo grazie all’intervento dei medici del pronto soccorso dell’ospedale di Barletta, che negli anni ha acquisito esperienza quale centro antiveleni.
Il giudice di primo grado ha condannato il medico ad un anno e quattro mesi di reclusione (pena che non verrà mai scontata visto che rientra nella condizionale dovuta ad una persona incensurata). Troppo poco se trattasi di omicidio colposo, molto se si pensa che il medicinale portava una etichetta sbagliata. Certo a pesare è stata una vicenda collegata a questa inchiesta. I carabinieri infatti, durante la perquisizione dello studio medico, aveva trovato farmaci scaduti, non separati da quelli regolarmente somministrati ai pazienti. Il giudice ha assolto Spinazzola dall’accusa di somministrazione di medicinali guasti, certamente però il rinvenimento di questi prodotti scaduti ha gettato ombre sull’operato del medico.
Nel corso delle indagini è emerso che Spinazzola aveva acquistato on line del sorbitolo che, invece, per un errore di etichettatura in realtà era letale nitrito di sodio. A commettere quell’errore era stata la casa farmaceutica irlandese Mistral. Dopo altri passaggi il prodotto era finito sul mercato on line dove Spinazzola lo aveva acquistato, trasformando un banale breath test in un test letale.
La Mistral, nelle persone del direttore e di una dipendente, hanno già patteggiato una pena a due anni di reclusione, con la sospensione della pena e il risarcimento ai familiari di Teresa Sunna e alle alle altre due vittime, per le lesioni riportate. Questa è l’Italia e questo il valore di una vita che si da ad una vita nel nostro Paese.