Inizia con una dedica alla sua amata città “Roma”, il nuovo album di Alessandro Mannarino “Apriti Cielo”, uscito per Universal Music lo scorso 13 gennaio. Di “Roma” ne canta la bellezza, ma anche l’omertà e la decadenza che l’ha attraversa negli ultimi anni: “ma come sei finita Amor all’incontrario?”. Una sorta di “Odi et amo”, per citare Catullo. Ma del resto, è lì che ha lasciato il suo cuore.
Il disco, contenente 9 tracce, è stato prodotto insieme a Tony Canto e registrato con più di 30 musicisti.
Pezzo degno di nota è “Vivo“, brano molto energico e ritmato. Più che altro, “Apriti Cielo” è un lavoro molto più vivace rispetto ai precendenti, nonostante non si differenzi più di tanto. E’ una vivacità che ritroviamo anche in canzoni come “Arca di Noè” e “Babalù“. Che danno un tocco di colore in più all’album, e sono figli di un sound più sudamericano con tanto di cori, percussioni tribali e samba.
Insomma, Mannarino difende il suo “marchio” di fabbrica, che tanto piace ai più, regalando brani pungenti, spesso attinenti all’attualità come in “La Frontiera“, dove non esiste razza o colore della pelle di fronte alla morte: “con la pelle di un altro colore mischiammo le vene, trovati, battuti e portati su un campo di neve, e cadendo la pelle sembrò dello stesso colore“. Il cantautore romano si riconferma ancora una volta come portabandiera della romanità, ma senza mai cadere nella banalità ed ovvietà.