Il caso del Niger svela l’ipocrisia euroatlantica, da Parigi a Washington


Che succederebbe se l’attuale governo del Niger decidesse davvero di bloccare l’export di materie prime verso l’Occidente alle attuali condizioni? Certo, anzitutto bisogna vedere se Tchiani resta in carica o se comunque il potere non torna alla fazione filo-occidentale di Bazoum.

Ma proprio la minaccia di un intervento armato di Francia e USA, che tengono in Niger migliaia di truppe, fa risaltare subito l’ipocrisia dell’imposizione umanitaria della democrazia. E il fatto stesso di aver vagheggiato l’ipotesi di un divieto di export in particolare dell’uranio ha scosso il mercato e le prospettive future. Senza l’uranio nigerino, o comprando a prezzi maggiori, Parigi e Washington devono rivolgersi ancora di più a Mosca.

E qui c’è l’altra grande ipocrisia delle sanzioni anti-russe: da un lato sono presentate come altamente morali ed efficaci, dall’altro sono selettive perché evitano di toccare i punti deboli dell’economia occidentale, nucleare e diamanti su tutto. In altre parole, la Russia accrescerebbe la sua posizione di fornitore di uranio e combustibile nucleare, del quale l’America e nemmeno l’Europa possono fare a meno, pur minacciando Mosca di terribili conseguenze economiche.

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