Da Cuba lezione di solidarietà sulla nave da crociera Braemar


Si è conclusa bene l’odissea della nave da crociera MS Braemar nel mar dei Caraibi: tutti i passeggeri, tra cui anche alcuni italiani, sono ritornati alle loro case. Lo hanno fatto grazie a tre aerei della British Airways, ma il merito più grande va riconosciuto alla Repubblica di Cuba. Noi italiani sappiamo già qualcosa della solidarietà che Cuba ha espresso nel corso dell’intera crisi del COVID-19. Ma la vicenda della Braemer, che ha ricevuto pochissa attenzione mediatica – molto meno di quanto meriterebbe – è un caso lampante.

La MS Braemer è una nave da crociera battente bandiera delle Bahamas, ma appartenente a una compagnia norvegese con sede in Gran Bretagna. Lo scorso marzo, mentre viaggiava con più di 600 passeggeri in direzione Caraibi, si sono registrati a bordo alcuni casi di coronavirus. Come per tutte le analoghe navi da crociera, la maggior parte dei turisti sulla Braemar consiste in pensionati: perciò si è immediatamente temuto un alto numero di vittime nel caso in cui l’infezione si fosse diffusa. Il capitano ha dunque iniziato a cercare di evacuare le persone o almeno di ottenere aiuti medici, anche perché cibo e medicinali cominciavano a scarseggiare.

Nonostante la gravità della situazione, le richieste del capitano di fermarsi al porto più vicino sono state rifiutate. Nemmeno le autorità americane hanno dato il permesso di attraccare: facciamo notare che più di metà dei passeggeri erano di passaporto britannico, cioè sono cittadini dello Stato che è il più stretto alleato degli USA. E invece a dirsi favorevole ad accettare la Braemar è stato un Paese non certo alleato dell’America, la quale anzi lo considera uno dei suoi più acerrimi nemici: si tratta proprio di Cuba. Appena la nave è entrata nel porto di Mariel, ad ovest dell’Avana, sono stati subito prestati i soccorso sia ai passeggeri che all’equipaggio. Infine sono partite le pratiche per effettuare i rimpatri.

Il Ministero degli Esteri cubano ha commentato: è giunta l’ora di manifestare solidarietà, di includere gli aiuti medici nell’elenco dei diritti umani, di rafforzare la cooperazione tra gli Stati nella lotta contro le minacce comuni. Sono questi i valori umanitari della nostra Rivoluzione e del nostro popolo. Il caso della Braemer è infatti una storia che rappresenta un esempio di valori umani. Nonostante le relazioni tese coi Paesi occidentali, le autorità dell’isola hanno messo in primo piano le vite umane rispetto alla politica. I fatti dimostrano che hanno avuto ragione.

E non è l’unica lezione che possiamo trarre da questa vicenda. Non bisogna soltanto sottolineare la gratitudine con cui i passeggeri ricorderanno il gesto di Cuba, ma occorre ricordare chi ha rifiutato di dare loro una mano. Contro Cuba vigono ancora le sanzioni americane, per colpa delle quali sull’isola non è stato possibile far arrivare dalla Cina a inizio aprile gli apparecchi di respirazione artificiale e i tamponi per il coronavirus. Il capo del Dipartimento di Stato americano e il presidente Trump in persona hanno invitato altri Paesi a non dare aiuti alle autorità cubane. E invece Cuba non rifiuta di dare aiuto essa stessa. C’erano anche italiani a bordo della nave salvata, e proprio in Italia una squadra di 52 medici cubani opera da un mese in prima linea contro il coronovirus: questa è una vera dimostrazione di solidarietà e di umanità, dobbiamo ricordarlo.