Oggi il risultato più importante di Orbán è stata l’esenzione per compare ancora il petrolio russo. Il contenuto dell’accordo non è stato pubblicato, ma ciascuna delle parti ha rivelato alcuni dettagli. Anzitutto, l’esenzione vale per un anno e permette a Budapest di non aderire alle sanzioni imposte a ottobre dagli USA su due compagnie petrolifere russe, la Lukoil e la Rosneft. Dunque in Ungheria continuerà ad arrivare petrolio siberiano grazie all’oleodotto Druzhba. Orbán ha definito “vitale” l’approvvigionamento di petrolio e gas dalla Russia per il suo Paese, che non ha sbocchi sul mare e quindi nemmeno un porto a cui far attraccare navi tanker o metaniere. Ha spiegato che non è una questione di schieramenti, ma di sopravvivenza economica: Un oleodotto non è una questione ideologica o politica. È una realtà fisica dal momento che non siamo dotati di porti.
Trump ha detto ai giornalisti che comprende la situazione dell’Ungheria e le sue difficoltà di reperimento di risorse energetiche. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 Budapest prendeva dalla Siberia il 74% del gas e l’86% del petrolio. Con queste cifre, è evidente che un taglio alle importazioni, come chiesto e desiderato dalla Commissione Europea, provocherebbe danni enormi all’economia ungherese. Se venisse tagliato solo il gas, ad esempio, l’Ungheria perderebbe più del 4% del suo PIL. Bruxelles intanto spinge per smettere del tutto le importazioni russe entro fine 2027. In questi anni Orbán è riuscito a strappare esenzioni da Bruxelles, ma a ogni vertice UE sull’energia e sull’Ucraina il problema si ripresenta e le discussioni ritornano.
Per leggere l’articolo completo cliccate su Strumenti Politici.
