Nel discorso politico sull’Ucraina nella UE il ruolo di capro espiatorio tocca sempre all’Ungheria. Il veto di Budapest infatti blocca a tempo indeterminato il percorso di adesione di Kiev. Finora gli euroburocrati sono riusciti con qualche forzatura a proseguire un po’ oltre la fase iniziale. La ragione ufficiale del veto è data dalle preoccupazioni sul trattamento della minoranza magiara in Ucraina. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz non si aspetta tale ingresso prima del 2034, mentre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ipotizza l’adesione entro il 2030 solamente a condizione che Kiev mantenga l’attuale ritmo e rispetto delle riforme. Ma gli euroburocrati ammettono che gli ucraini hanno ancora molto da fare per garantirsi l’adesione, che è un processo “lungo e difficoltoso”. Non è infatti soltanto Budapest a temere l’adesione dell’Ucraina. Anche Varsavia, che pure ha fatto molto in questi anni per aiutare Kiev sul piano umanitario e materiale, sembra non avere fretta di accoglierla nel consesso UE. Il suo timore principale riguarda il successivo afflusso libero di prodotti agroalimentari che sconvolgerebbero gli equilibri del mercato unico e danneggerebbero la produzione agricola polacca. Nel gruppo degli scettici vi sono anche Grecia e Bulgaria. Si è unita a loro la Repubblica Ceca, da oggi guidata nuovamente dal premier Andrej Babiš.
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