È una fase cruciale ed estremamente delicata per l’apparato militare e industriale di Kiev. Sullo sfondo del continuo peggioramento delle condizioni dell’esercito sul campo, sta cercando di sopperire alla diminuzione di assistenza da parte degli alleati occidentali. Ciò che gli ucraini sono riusciti a fare viene visto come un successo quasi epocale, perché hanno messo in piedi una produzione molto ampia partendo da investimenti differenti e da modelli differenti. Alcuni sistemi d’arma di epoca sovietica, altri di standard NATO, tutti da far coesistere nel quadro che si è andato formando a ostilità in corso. L’ultima iniziativa è l’allargamento della rete di commesse che gli stessi soldati sul campo possono piazzare a fornitori approvati tramite una piattaforma online. Il governo ha destinato l’equivalente di 37 milioni di dollari da distribuire alle varie unità per effettuare gli approvvigionamenti.
La situazione è incresciosa agli occhi degli ucraini e degli alleati occidentali che da anni concedono a Kiev volumi enormi di denaro. L’aggravata è costituita da un sottofondo ancor più imbarazzante: le lotte intestine fra gli enti governativi e statali. In particolare fra la Procura Specializzata Anticorruzione (SAPO) e l’Ufficio nazionale anticorruzione (NABU) da un lato, e il Servizio di Sicurezza che risponde alla presidenza ucraina (SBU) dall’altro. Qualche giorno fa, il direttore del SAPO Oleksandr Klymenko ha denunciato le ennesime indebite pressioni nei confronti delle agenzie anti-corruzione e le indagini irregolari svolte su di loro da parte dell’ufficio di intelligence che fa capo a Zelensky.
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