Un “grosso errore storico”: così lo definisce Anton Jäger, autore e docente della Oxford University. Il New York Times ospita un suo articolo in cui spiega perché la militarizzazione del Continente ad opera dei membri europei della NATO non darà dei buoni frutti. Anzi, ne darà di cattivi. Tale strategia è troppo dispendiosa, mentre i risultati saranno troppo piccoli. Non è nemmeno degna di essere definita “keynesismo militare”, come quello attuato dalla Germania nazista negli anni’ 30 del secolo scorso e poi dagli USA nei decenni successivi. No, è solamente “reaganismo” anni ‘80, spiega Jäger, cioè un aumento della spesa militare che va di pari passo col taglio delle spese sociali.
Anche due ricercatori parlano di “grosso errore” e suggeriscono all’Europa di limitarsi alla scelta fra burro e cannoni. Sono Shahin Vallée del German Council for Foreign Relations e Joseph de Weck del Foreign Policy Research Institute. Secondo loro, la UE può elaborare la sua strategia in maniera meno dogmatica: sì, la spesa militare dovrebbe aumentare, ma senza provocare una macelleria sociale. Per finanziare il riarmo e dunque la deterrenza, dicono, i governi europei potrebbero tassare le multinazionali e i capitali. Per farlo efficacemente si dovrebbe limitare la “concorrenza tributaria” fra i vari Paesi, che sgomitano per offrire condizioni agevolate e attrarre così gli investimenti. Quel che serve è armonizzare il sistema delle imposte da far pagare alle grandi compagnie.
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