Olanda 2025, un summit nato che ha deluso qualcuno


Il segnale più evidente che Kiev ha perso i favori dell’Alleanza Atlantica è la menzione piuttosto vaga ricevuta nel documento finale del summit tenutosi all’Aia il 24 e il 25 giugno. Si parla soltanto dell’impegno a fornirle supporto, ma senza precisare contro chi o a quale scopo. Si dice anche che i “contributi diretti” che riceve per la difesa vengono conteggiati nell’obiettivo di spesa del 5% del PIL di ogni Stato membro. Dunque una formulazione che fa riferimento più ai meccanismi interni dell’organizzazione che non al senso dell’invito a Zelensky di venire al vertice. E non si parla nemmeno di adesione dell’Ucraina alla NATO. I leader occidentali si sono sforzati non di accontentare il presidente ucraino, ma quello americano, che non vuole sostenere il governo di Kiev nella sua causa. E Zelensky non ha ricevuto l’accoglienza da eroe di cui ha goduto fino al 2024.

Il segretario generale della NATO Mark Rutte e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen cercano di salvare le apparenze dichiarando che con loro Zelensky è sempre “tra amici”. Rutte ribadisce inoltre che l’Alleanza in realtà non ha smesso di sostenere l’adesione ucraina. Nei comunicati ufficiali del summit però questo piccolo dettaglio manca, così come non si sono sentite le consuete grandi promesse di armare Kiev fino ai denti per combattere contro la Russia, definita genericamente solo una “minaccia a lungo termine per la sicurezza euro-atlantica”. Il meglio che i vertici europei hanno saputo fare è stato strappare a Washington il permesso ai Paesi NATO di destinare una parte delle spese aumentate per la difesa agli armamenti per l’Ucraina. Sanno che probabilmente non basterà, perché finora l’amministrazione Trump non ha approvato altri pacchetti di assistenza militare ed entro l’estate termineranno quelli firmati a suo tempo da Biden.

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