Damasco cerca di smarcarsi da ankara cercando appoggi esteri


Passato l’entusiasmo per la vittoria di Hay’at Tahrir al-Sham nella guerra civile e per la caduta di Assad, gli islamisti ora al potere hanno dovuto presto fare i conti con la realtà. Hanno così iniziato a guardarsi intorno cercando interlocutori, sponsor, partner, alleati di fatto o di diritto. Per loro l’ideale sarebbero le monarchie della Penisola Arabica, ma queste preferiscono non dare esplicitamente l’avallo a un governo di matrice fondamentalista.

Dunque se vuol sopravvivere, Damasco deve giocoforza smarcarsi da Ankara. I turchi occupano larghe porzioni del nord del Paese e ne vorrebbero ancora di più. Inoltre hanno ancora il controllo su migliaia di unità dell’Esercito Siriano Libero, la formazione composta anche da disertori delle forze regolari di Assad. E non sono certo rimasti indifferenti davanti all’intesa recentemente firmata dal presidente ad interim Ahmed al-Sharaa coi curdi di Mazloum Abdi, che guida le Forze Democratiche Siriane (SDF), nemici giurati di Ankara.

Il ministro degli Esteri di Ankara Hakan Fidan ha dichiarato a tal proposito che terranno d’occhio gli sviluppi dell’accordo. Ha poi aggiunto che la condizione essenziale per una pace duratura è che le milizie curde dell’Unità di Protezione Popolare (YPG) cedano le armi e abbandonino le fila dei loro gruppi combattenti per mettersi invece a disposizione di Damasco. Occorre altresì che smettano gli arrivi dall’estero di nuove leve per l’YPG, che di fatto dovrà sciogliersi. In sostanza, Fidan suggerisce ad al-Sharaa di non lasciarsi “fregare” dai curdi, ma di disarmarli e di metterli sotto il proprio comando.

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