Economisti e accademici USA vogliono far confiscare i patrimoni russi per passarli a Kiev


Si sta levando il coro dei professori, degli economisti e degli esperti che desiderano un ultimo botto dell’amministrazione Biden prima dell’insediamento di Trump. E come spesso accade, le buone intenzioni portano a conseguenze deleterie.

Così, l’obiettivo di aiutare ancora Zelensky e di danneggiare il grande avversario russo presuppone il fare carta straccia del diritto internazionale e annullare completamente la sensibilità diplomatica, oltre che la lungimiranza politica. Ignorare tali implicazioni significa rendere rigidamente ossequio alla propria ideologia, accusando al tempo stesso gli altri di non essere flessibili.

I patrimoni russi all’estero ammontano a quasi 300 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali sta in Europa, al momento congelati. Se ne stanno utilizzando solamente gli interessi che fruttano, con un sistema al limite, ma tutto sommato legalmente ineccepibile.

Sarebbe quindi un bellissimo gesto quello degli Stati Uniti nel convincere (si intende, con solidi argomenti e buone maniere) i Paesi europei all’ennesimo passo autolesionista. Ma non importa, bisogna agire subito, afferma Laurence Tribe, docente della Harvard Law School. No, non ci sono ci sono controindicazioni, spiega, perché gli Stati che cooperano con la Russia, come per esempio Cina o Arabia Saudita, alla fine non reagirebbero male, ma andrebbe avanti come sempre, perché business is business.

Bisognava già ieri confiscare quei 300 miliardi di capitale, ma oggi è ancora più pressante perché sta per tornare Trump. E con lui, il destino di Kiev è in bilico. Quei soldi possono “fare una grossa differenza”. La pensa così pure Charles Lichfield, esperto di geoeconomia dell’Atlantic Council. Per lui occorre “passare alle vie di fatto”. Infine L’economista Timothy Ash dice che le riserve russe possono ripianare gli enormi debiti che l’Ucraina ha verso l’Occidente.

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