Orbán fa da diga alle sanzioni UE contro Russia e Georgia


Che Orbán osteggiasse le sanzioni antirusse non è una novità, ma finora Bruxelles era sempre riuscita alla fine ad aver il suo assenso in cambio di altre concessioni. Stavolta però è diverso, perché il premier ungherese sente di aver l’appoggio della prossima amministrazione americana.

La scorsa settimana ha preventivamente manifestato il suo veto al prossimo rinnovo delle sanzioni, previsto a gennaio dopo l’insediamento di Trump. O almeno ha lasciato intendere che prima vuole vedere quale sarà effettivamente la linea di Washington sulla questione, e poi si deciderà che fare.

In questo modo tiene sulla corda la Von der Leyen e tutti i vari oltranzisti dello scontro frontale con Mosca e della superiorità morale ed economica dell’Occidente sul resto del globo. Costoro sono ben lieti di seguire il solito copione senza fantasia né diplomazia, fatto di sanzioni, ricatti e rincari da far pagare ai cittadini.

Probabilmente dovranno cambiare approccio, perché l’Ungheria li ha ostacolati pure nella questione georgiana. Esponenti di Bruxelles parlamenti di Paesi europei si sono recati a Tbilisi per esprimere sostegno ai partiti di opposizione in vista delle elezioni e dopo, anche andando in piazza. Un’ingerenza più plateale di questa è difficile da immaginare. Ma oggi gridano al totalitarismo e alla repressione violenta perché il governo georgiano ha messo fine alle proteste che stavano degenerando.

Così subito la UE voleva sanzionare i vertici della Georgia, ma Ungheria e Slovacchia hanno detto di no. D’altronde, seguendo la stessa logica europeista andrebbero pesantemente sanzionati anche Macron e diversi governanti di Paesi membri…

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