Cristiani di Siria, ora incombe la minaccia jihadista


Le rassicurazioni date ai cristiani dai “ribelli democratici” che hanno cacciato Assad lasciano il tempo che trovano. Meglio attendere i fatti. Non sarebbe la prima volta che viene imposta la legge islamica su un Paese che un tempo era laico o non integralista. Gli uomini di chiesa che svolgono la loro missione sacerdotale in Siria manifestano un cauto ottimismo.

Certamente è un atteggiamento imposto dalla loro stessa fede, ma non è servito a convincere le migliaia di cristiani che si affollano al punto di passaggio di frontiera per scappare in Libano. D’altronde, pure monsignor Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo, dice che sarebbe meglio “attendere un po’ di tempo per verificare se alle parole seguiranno i fatti”.

Lui stesso è riuscito con fatica a creare una sorta di collaborazione coi miliziani che comandano, per poter celebrare messa e professare, pur senza poter esporre simboli religiosi sulle chiese. Nel 2014 era stato persino rapito da Al-Nusra, da cui sono usciti quelli che oggi si chiamano Hayat Tahrir al-Sham. Dunque conosce bene queste formazioni islamiste.

Costoro organizzano incontri con le comunità cristiane per parlare e rassicurarle Georges Sabe dei Fratelli Maristi dice di avere una sensazione rassicurante e padre Bahjat, sacerdote della cattedrale di San Francesco d’Assisi ad Aleppo dice che sta prevalendo la speranza: crediamo che i nostri concittadini coesisteranno in pace. Lo speriamo tutti, per il bene della martoriata Siria e dei fratelli cosiddetti “cristiani d’Oriente”.

Per leggere l’articolo completo, cliccate su Strumenti Politici.