Cambia la retorica della politica americana sul conflitto in Ucraina. Le parole chiave si modificano e slittano verso il basso: dalla gloriosa vittoria alla guerra lunga e complessa, dalla lodevole difesa della democrazia alla semplice sopravvivenza delle forze ucraine.
L’esercito di Kiev deve essere messo davvero male se i think tank e le grandi penne statunitensi non riescono proprio a trovare nulla di positivo da raccontare e con cui convincere i cittadini occidentali a fornire a Zelensky armi e soldi a oltranza.
Il segretario alla Difesa Lloyd Austin continua a dire che Putin cadrà, che non ha ottenuto niente, che è brutto e cattivo. Ma intanto il Newsweek titola: “La Russia senza clamore si avvicina al primo obiettivo importante di Putin in Ucraina”. E in effetti il centro dati militari più consultato dai media americani, l’ISW, attesta che la regione di Lugansk, nel Donbass, è al 98,8% in pieno possesso delle truppe di Mosca.
Lo dice anche il britannico Economist: lontano dai microfoni e dai palchi, gli ufficiali del Pentagono cercando di capire come tenere a galla le forze ucraine allo sbando. L’Atlantic Council, forse il più longevo e prestigioso dei think tank statunitensi, spiega che il conflitto è in un momento cruciale e che senza azioni importanti e urgenti, la tendenza favorevole ai russi arriverà al punto di non ritorno. La priorità adesso è solo quella di evitare la disfatta di Kiev.
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