Due licenziamenti eccellenti erano avvenuti nei vertici ucraini già un anno fa, quando uscì di scena il ministro della Difesa in odore di mazzette, mentre a febbraio fu mandato via il capo delle Forze armate Zaluzhny, trasferito a Londra. La scorsa primavera il presidente ucraino Zelensky aveva annunciato futuri cambiamenti nel consiglio dei ministri e più in generale ai pianti alti del Paese. In effetti, dopo due mesi aveva licenziato il Ministro delle Infrastrutture e il Ministro dell’Agricoltura.
Ora ha svolto un vero e proprio rimpasto, sebbene l’operazione somigli di più a una purga per tenere soltanto i fedelissimi della presidenza. Alcuni ministri si sono dimessi, probabilmente su forti pressioni esterne e non per effettiva volontà propria. È il caso del ministro degli Esteri Kuleba, molto noto in Occidente e ormai una figura fondamentale dell’establishment di Kiev. Gli stessi media mainstream suggeriscono che facesse troppa ombra a Zelensky per essere mantenuto in carica.
I funzionari ucraini per il momento non hanno commentato in dettaglio l’ondata di dimissioni/licenziamenti. Zelensky ha solo detto che servivano “nuove energie” per proseguire nel “rafforzamento” dello Stato. Per adesso di sicuro è lui che ha rafforzato la sua presa sul potere, avendo piazzato nei posti chiave altri soggetti appartenenti alla cerchia dell’ufficio presidenziale.
Gli stessi deputati di opposizione come Dmytro Razumkov e Yulia Klimenko dicono che non cambierà sostanzialmente nulla, perché le decisioni importanti continueranno ad essere prese proprio nell’ufficio di Zelensky, non in quelli dei ministri o in Parlamento. Sta di fatto che sono usciti di scena ministri importanti come quello degli Esteri, della Giustizia, dell’Industria e ancora altri vice e altri direttori come quello di Ukrenergo, l’ente che gestisce la rete elettrica statale. Vedremo presto gli effetti di tale “rimpasto”.
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