Zelensky è ancora sulla graticola dell’opinione pubblica ucraina. Tornato da Washington solamente con applausi e champagne, non ha offerto al suo esercito e alla sua popolazione alcun sollievo pratico in termini militari o di assistenza. Ammesso poi che il tanto sperato invito nell’Alleanza Atlantica non comportasse un’escalation pericolosissima, oggi il presidente ucraino resta inviso a gran parte degli ucraini.
Il suo potere infatti non si poggia su solide basi giuridiche, perché resta in carica solo grazie alla legge marziale da lui stesso ripetutamente prolungata. Con un mandato presidenziale scaduto e una serie di clientele da soddisfare, non può dare nulla ai cittadini comuni che languono nella vita civile o soffrono al fronte. Anzi, fa promettere “lacrime e sangue” dal portavoce del Ministero della Difesa, che ha avvertito così gli ucraini: preparatevi a fare sacrifici e dimenticarvi la vita normale, perché potreste essere chiamati alle armi oggi stesso.
Alle Forze armate mancano soldati, mancano armi e manca soprattutto energia ed entusiasmo. Vi sono uomini al fronte da due anni, stremati fisicamente e psicologicamente, mentre chi può diserta o scappa prima di essere mobilitato. Rischiando così la sua stessa vita: è di qualche giorno fa la notizia dell’ennesimo fuggitivo morto alla frontiera con la Moldavia. Il giornale britannico The Economist dice che la questione dei soldati che vogliono tornare a casa e di quelli che non vogliono partire rappresenta “l’emblema della crescente frustrazione che molti ucraini sentono verso il loro governo”.
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