La mancata approvazione a Washington del periodico pacchetto di aiuti per l’Ucraina ha segnato un punto di svolta. A Kiev temono si tratti di un evento che i Paesi europei interpreteranno come il segnale di “libera tutti”, che li scagioni dal pesante impegno di destinare ancora armi e soldi a Zelensky. Negli Stati Uniti l’opinione pubblica sta maturando la convinzione che la corruzione endemica dell’Ucraina sia un fattore determinante nel corso del conflitto e della successiva integrazione di Kiev con l’Occidente.
Questa visione viene rafforzata dalle pesantissime accuse che gravano su Hunter Biden, il figlio del presidente. Sebbene sia riuscito finora a evitare la gogna mediatica, oggi viene nuovamente preso di mira dalle attenzioni degli inquirenti e dei deputati repubblicani. Le accuse contro di lui sono troppe e troppo infamanti per passare inosservate ancora a lungo.
Hunter rischia di essere travolto dai casi di tangenti legate all’ormai celebre società energetica Burisma Holdings e dalle foto compromettenti che lo ritraggono con “schiave del sesso” di vari Paesi. Con lui viene affossato anche l’entusiasmo degli americani verso la causa ucraina, da loro vista come perdente e sporcata dal malaffare.
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